Marco, dopo l'esperienza come giovane, all'interno del Consiglio Pastorale Diocesano
Il Card. Scola, all’inizio del mandato, ci ricordava che viviamo più in un cambiamento di epoca che in un’epoca di cambiamenti e che anche oggi la testimonianza è la condizione prima della Comunione, ciò che rende la partecipazione piena e viva.
Ogni sessione ha un tema che viene precedentemente comunicato, con documenti che possano aiutare a sviluppare riflessioni, anche negli incontri preliminari con i Vicari episcopali di zona. Fermandomi a pensare, mi accorgo che in questi pochi anni abbiamo trattato le più svariate tematiche: dalla pluriformità nell’unità all’interno della Diocesi, alla preparazione per la visita di Papa Francesco; dal rapporto con le istituzioni civili alle verifiche sui processi suscitati dalle lettere pastorali; dal Sinodo minore Chiesa dalle genti indetto dal Vescovo Delpini al Sinodo sui giovani di Papa Francesco; dalla dimensione missionaria della Chiesa ambrosiana alla reciprocità fra uomo e donna nella stessa.
L’atteggiamento del Vescovo è soprattutto di ascolto. Interviene soltanto all’inizio e alla fine della sessione e ogni volta mi chiedo come faccia in così pochi minuti a riportare sintesi e ordine nel turbinio di pensieri e interventi che si sono succeduti nelle ore precedenti. Per tutto il resto del tempo ascolta e prende appunti su ciò che i consiglieri portano alla sua attenzione. Mi sorprende come il Vescovo di una delle Diocesi più grandi e popolose del mondo stia per ore in silenzio ad ascoltare ciò che il suo popolo ha da dirgli senza battere ciglio, come se fosse uno studente che vuole imparare qualcosa di nuovo.
Ben presto capisco che il Consiglio non ha la pretesa di risolvere problemi. Piuttosto dice qualcosa al Vescovo affinché si possa tentare, laddove necessario, di aprire una strada; affinché egli possa indicare attenzioni e vigilanze per il futuro, avviare riflessioni, suscitare domande. La stessa strada, le stesse attenzioni e vigilanze che trovo nei suoi scritti e in quelli del Papa. Parole semplici e di rara bellezza in un mondo in cui delle parole spesso si abusa.
Ogni decanato della Diocesi è rappresentato nel Consiglio, così come ogni movimento e associazione. Mi accorgo allora di quanto sia vasta la Chiesa ma soprattutto di quanto siano numerosi i mondi con cui comunica e le persone che all’interno di questi mondi si mettono in gioco, membra vive di un corpo unico. Accade anche che ci siano momenti di sconforto e scoraggiamento, che si facciano errori ma mi pare evidente che il più delle volte le fatiche del passato non impediscano di far credito al futuro.
Mi accorgo di quali siano le differenze e le somiglianze delle comunità che vivono in provincia o sulle sponde dei laghi rispetto a quelle della Città, ma in tutti coloro che parlano e con cui parlo riconosco l’identità di un popolo in cammino. Penso ai sacerdoti, alle suore e ai consacrati, ai ragazzi del catechismo, alle donne e agli uomini che nel silenzio puliscono e mantengono l’ordine e il decoro delle strutture. Ai ragazzi più grandi e agli adulti che preparano gli incontri, a chi raccoglie cibo e indumenti, a chi offre un bicchiere di acqua o il tempo di ascoltare una confidenza, a chi apre una porta e tende una mano. Penso a chi, malato o solo, guarda il cielo in cerca di risposte a domande che ha appena il coraggio di porsi. Penso a chi lontano da qui è perseguitato per la fede. Penso a chi è stanco e vorrebbe lasciar perdere, ma alla fine una mano la dà comunque. Penso a chi fa fatica ad entrare in Chiesa, ma prega in altri modi e in altre circostanze. Figli di un unico Padre, tutti siamo in cammino, con le nostre storie, i nostri desideri, le nostre gioie, le nostre paure.
Marco
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