
Giovedì 1 dicembre 2022. Un grande salone, tre tavoli e trentatré sedie, otto realtà diverse pronte a raccontarsi: di cosa stiamo parlando? Non numeri, ma premesse di una serata di condivisione tra giovani della Diocesi di Milano che stanno vivendo alcune delle proposte di vita comune - alcune diocesane, come Casa Magis, Vita comune per la carità, Rosa dei Venti (seguita da Azione Cattolica), la Ringhiera (realtà di vita comunitaria di Comunione e Liberazione); altre locali e parrocchiali, come a Cinisello Balsamo e Monza.
Vedi qui nel link le parole chiave di Laura e Marta, di Casa Cafarnao (Monza): https://www.instagram.com/reel/Cl1CdzoDiUH/?igshid=YmMyMTA2M2Y=
Insieme si vive, si costruisce e ci si conforma ad uno stile che viene descritto riprendendo, con stupore, proprio le parole del Vangelo (Atti 2, 42-47): lo stile della “semplicità di cuore”, dell’unione fraterna improntata alla cura, con la perseveranza di una scelta quotidiana. È uno stile di “ogni giorno” e gesti semplici, segni di un Amore che accoglie così come sei, senza aspettative. Lo si impara, un poco alla volta: “Siamo qui non per essere efficienti, ma per imparare ad amare” - dicono i ragazzi della casa di San Siro, ricordando la frase scritta accanto al grande calendario con gli impegni di ciascuno, tra cui anche quelli che vivono insieme, come la preghiera con la lettura del Vangelo al mattino e i momenti di servizio condiviso in alcune realtà della Caritas.La condivisione viene colta come dono: la possibilità di condividere quotidianamente dei tempi e degli spazi; soprattutto se questi spazi ampliano lo sguardo, aprono a relazioni inaspettate, tengono il cuore sull’attenti ed allenato a ricevere. Così tratteggiano la loro esperienza i ragazzi della Rosa dei Venti (Milano, Parrocchia di Santa Maria del Rosario) e di Casa Cafarnao (Monza, San Rocco).
I primi ricordano anche la bellezza dell’unione verso cui si converge: è il fatto che “ci piaccia il Vangelo” che permette di parlare la stessa lingua, venirsi incontro, ritrovarsi “con letizia e semplicità di cuore”, crescere insieme e sentir crescere una famiglia, ciascuno alla scoperta della propria vocazione, che si gioca nella quotidianità, insieme.
Sofia, che vive in uno degli appartamenti della Ringhiera con altre 4-5 ragazze, ammette chiari e scuri della scelta: “Il vento storico dice che non val la pena di impegnarsi con l’altro e con l’Altro, ma qui il desiderio è già una bella possibilità che accada di imparare ad amare”, così che l’esigenza pratica di un alloggio, per alcuni universitari, diventa la costruzione di una proposta nella condivisione e nella cura reciproca. È accettazione decisa di “essere fuori di me per inciampare nell’altro”.
Anche Marta e Laura, di Casa Cafarnao, non nascondono che la vita comunitaria chiede di implicarsi pienamente: dopo 9 mesi di condivisione di un appartamento che affaccia sul pianerottolo di don Luca e di una famiglia con tre bimbi, sono consapevoli che “casa” è chiunque entra in oratorio, “casa” è ogni incontro; mentre si cerca di custodire anche l’intimità perseverante e quotidiana di “scegliersi”. La fraternità è una sfida: è “impastarsi nella vita degli altri”, scegliere di farlo, ogni giorno di più, e questo implica di “venire meno a sé”.
Venire meno a sè è “fare spazio” all’ascolto dell’altro e dei suoi bisogni e “portarne il peso sulle spalle” - come racconta l’icona di Casa Betania (Cinisello), citata da uno dei giovani che la abitano da circa un mese. È portare il peso “secondo il bisogno di ciascuno”, ascoltandosi reciprocamente.
Si arriva poi in realtà a scoprire che si sta imparando anche a ri-ascoltarsi, nei propri desideri piú profondi che, condivisi e messi in comune, guidano nel costruire una regola, uno stile. “Ascolto” - vissuto su entrambi i fronti - è parola chiave di queste esperienze, che sottolineano le due giovani che condividono la vita comunitaria di una delle proposte parrocchiali di Cinisello. Una cifra caratteristica di questo “stile”, anche qui, è poi la preghiera: pensarsi e sapersi pensati durante il giorno porta tutti, alla sera, a ritrovarsi, e farlo davanti al Signore rinnova quello che “è un gran casino” ma in cui si può così riconoscere “una bellezza di fondo”, bellezza del modo di venirsi incontro che “non è nostro, ma è segno di un incontro iniziale che ha permesso a ciascuno di porre Cristo al centro”.

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